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Servizio Sindacale – dott. Francesco Zanelli - dott.ssa Sara Zoni
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30.09.2022 - lavoro

MINISTERO DEL LAVORO – DECRETO TRASPARENZA – OBBLIGHI INFORMATIVI IN MATERIA DI CONDIZIONI DI LAVORO TRASPARENTI E PREVEDIBILI – CIRCOLARE 20 SETTEMBRE 2022, N. 19

Il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali ha emanato la circolare 20 settembre 2022, n. 19, con la quale fornisce le prime indicazioni interpretative per favorire l’uniforme applicazione della nuova disciplina relativa agli obblighi informativi introdotti dal Decreto Legislativo n. 104 del 27 giugno 2022, (c.d. “Decreto Trasparenza”) in materia di condizioni di lavoro trasparenti e prevedibili.

 

Tale circolare fa seguito alla precedente circolare dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro n. 4 del 10 agosto 2022 (v. Newsletter ANCE Brescia – n. 35/2022 del 03/09/2022), rispetto alla quale, tuttavia, pone alcuni profili di criticità.

 

ANCE Brescia si è già mossa con un confronto con i diversi livelli associativi e con le altre territoriali per una posizione critica verso le indicazioni ministeriali che si traducono, da un lato, in un appesantimento degli adempimenti a carico aziende e, dall’altro, in una discutibile interpretazione dell’informativa relativa ai congedi.

In effetti, il Ministero pare superare la possibilità di rinvio alla contrattazione collettiva, per la quale l’Ispettorato aveva, invece, fornito un’interessante apertura. Inoltre, la circolare da ultimo intervenuta contiene indicazioni che destano perplessità: in particolare, sui congedi, per i profili più oltre sottolineati, sulla delicata situazione dell’utilizzo di sistemi decisionali o di monitoraggio automatizzati, che potrebbero riguardare, alla luce delle interpretazioni ministeriali anche le imprese edili, nonché sull’interpretazione data alla disciplina del periodo di prova.

Pertanto, pur confermando le indicazioni applicative fornite con la Newsletter ANCE Brescia – n. 35/2022 del 03/09/2022, il Servizio sindacale si riserva di aggiornarle alla luce di eventuali, futuri, chiarimenti che tornino a valorizzare la semplificazione verso cui si è indirizzato l’Ispettorato Nazionale del Lavoro.

Nel frattempo, le imprese associate sono pregate di contattare gli uffici di ANCE prima di procedere a qualsiasi tipologia di nuova assunzione per la dovuta assistenza nella predisposizione della lettera e della documentazione che accompagnano l’instaurazione del rapporto di lavoro.

Ricordiamo, al riguardo, che la violazione porta a sanzioni pecuniarie da 250 a 1500 euro per lavoratore interessato.

 

Si riportano, di seguito, i principali chiarimenti forniti dal Ministero, rimandando, per quanto non riportato, al testo della circolare, allegato alla presente.

 

Congedi

Il Ministero ribadisce che la nuova norma prescrive che il datore di lavoro debba informare il lavoratore sulla «durata del congedo per ferie, nonché degli altri congedi retribuiti cui ha diritto il lavoratore o, se ciò non può essere indicato all’atto dell’informazione, le modalità di determinazione e di fruizione degli stessi». A tal proposito, specifica che, fermo l’obbligo dell’indicazione della durata del congedo per ferie, l’attenzione deve essere rivolta alla locuzione «nonché degli altri congedi retribuiti cui ha diritto il lavoratore». Sul merito il Dicastero osserva che:

  • dalla formulazione letterale della disposizione emerge come rilevino esclusivamente i congedi retribuiti, per cui non vi è obbligo di comunicazione di quelli per cui non è prevista la corresponsione della retribuzione;
  • con riguardo al concetto di “congedo”, l’obbligo di informazione per il datore di lavoro riguarda solo quelle astensioni espressamente qualificate dal legislatore come “congedo”.

Chiarito ciò, tuttavia, il Ministero indica, in via esemplificativa e non esaustiva, alcune ipotesi di congedi previsti dalla legge, ricomprendendovi, tuttavia, alcuni congedi indennizzati e non retribuiti, in contraddizione con quanto chiarito poco sopra:

– congedi di maternità e paternità, congedo parentale e congedo straordinario per assistenza a persone disabili, secondo la disciplina di cui al d.lgs. n. 151/2001;

– congedo per cure per gli invalidi, secondo la disciplina di cui all’articolo 7 del d.lgs. n. 119/2011;

– congedo per le donne vittime di violenza di genere secondo la disciplina di cui all’articolo 24 del d.lgs. n. 80/2015.

 

Infine, il Ministero richiama la necessità che il datore di lavoro tenga conto, oltre che della disciplina legale, anche di quella contenuta nel contratto collettivo, in ossequio al principio di concretezza dell’informazione sul rapporto di lavoro già richiamato in precedenza.

 

Retribuzione

La riforma prevede che il datore abbia l’obbligo di indicare «l’importo iniziale della retribuzione o comunque il compenso e i relativi elementi costitutivi, con l’indicazione del periodo e delle modalità di pagamento».

Il Ministero specifica che con tale formula ci si riferisce a tutte quelle componenti della retribuzione di cui sia oggettivamente possibile la determinazione al momento dell’assunzione, secondo la disciplina di legge e di contratto collettivo.

Pertanto, nella circolare si chiarisce che il datore di lavoro non sarà tenuto ad indicare l’importo di eventuali elementi variabili della retribuzione (es. premio di risultato). È però tenuto ad indicare al lavoratore, sulla base di quanto previsto da specifiche previsioni di contratto collettivo applicabili al rapporto di lavoro, in base a quali criteri teli elementi variabili saranno riconosciuti e corrisposti.

Infine, per quanto concerne le eventuali misure di welfare aziendale o i buoni pasto, esse non vanno inserite nell’informativa, salvo che non siano previste dalla contrattazione collettiva o dalle prassi aziendali come componenti dell’assetto retributivo.

 

Orario di lavoro programmato

L’articolo 1, comma 1, lett. o) del decreto legislativo n. 104 prevede che il datore di lavoro debba informare il lavoratore su «la programmazione dell’orario normale di lavoro e le eventuali condizioni relative al lavoro straordinario e alla sua retribuzione, nonché le eventuali condizioni per i cambiamenti di turno, se il contratto di lavoro prevede un’organizzazione dell’orario di lavoro in tutto o in gran parte prevedibile».

Sul punto, il Ministero chiarisce che le informazioni fornite dal datore di lavoro devono riguardare, più che la generale disciplina legale, i riferimenti al contratto collettivo nazionale e agli eventuali accordi aziendali che regolano il tema dell’orario nel luogo di lavoro.

Nello specifico, le informazioni devono essere incentrate sulla concreta articolazione dell’orario di lavoro applicata al dipendente, sulle condizioni dei cambiamenti di turno, sulle modalità e sui limiti di espletamento del lavoro straordinario e sulla relativa retribuzione.

Inoltre, il Ministero specifica che nel caso di variazioni dell’orario di lavoro successivamente intervenute, l’informativa si rende necessaria solo in presenza di modifiche che incidono sull’orario di lavoro in via strutturale o per un arco temporale significativo, fermo restando il rispetto della legge e del contratto collettivo soggettivamente applicabile al rapporto di lavoro.

Con riferimento al lavoro a turni e al lavoro multi-periodale, il Ministero precisa che tali ipotesi, generalmente, rientrano nella definizione del lavoro prevedibile: in tali casi sarà sufficiente indicare che il lavoratore viene inserito in detta articolazione oraria e rendere note le modalità con cui allo stesso saranno fornite informazioni in materia. Del pari, rientra nella nozione di lavoro prevedibile anche l’orario di lavoro discontinuo, che si riferisce ad attività che non richiedono un impegno continuativo di lavoro (ad esempio nel caso di portieri, custodi, guardiani, fattorini, ecc.).

 

Previdenza e assistenza

Il nuovo testo del d.lgs. n. 152/1997 prescrive per il datore di lavoro l’obbligo di informare il lavoratore su «gli enti e gli istituti che ricevono i contributi previdenziali e assicurativi dovuti dal datore di lavoro» e «su qualunque forma di protezione in materia di sicurezza sociale fornita dal datore di lavoro stesso».

 

Il Ministero specifica che, con riguardo alla seconda parte della norma, le informazioni dovranno essere fornite dal datore di lavoro anche alla luce della specificità della contrattazione collettiva applicabile al rapporto, rappresentando al lavoratore, ad esempio, la possibilità di aderire a fondi di previdenza integrativa aziendali o settoriali.

Modalità di comunicazione degli obblighi

Per quanto riguarda le modalità con cui assolvere l’obbligo informativo, il Ministero ribadisce, come già chiarito nella circolare dell’INL, che è ammessa la comunicazione dell’informazione anche in modalità telematica.

 

Ulteriori obblighi informativi in caso di utilizzo di sistemi decisionali o di monitoraggio automatizzati

L’articolo 1-bis del d.lgs. n. 152/1997, inserito dall’articolo 4, lett. b), del d.lgs. n. 104/2022, prevede ulteriori obblighi informativi nel caso che il datore di lavoro utilizzi sistemi decisionali o di monitoraggio automatizzati.

In particolare, il comma 1 prevede che «Il datore di lavoro o il committente pubblico e privato è tenuto ad informare il lavoratore dell’utilizzo di sistemi decisionali o di monitoraggio automatizzati deputati a fornire indicazioni rilevanti ai fini della assunzione o del conferimento dell’incarico, della gestione o della cessazione del rapporto di lavoro, dell’assegnazione di compiti o mansioni nonché indicazioni incidenti sulla sorveglianza, la valutazione, le prestazioni e l’adempimento delle obbligazioni contrattuali dei lavoratori. Resta fermo quanto disposto dall’articolo 4 della legge 20 maggio 1970, n. 300.».

A tale riguardo, il Ministero chiarisce che, dalla lettura della disposizione possono individuarsi due distinte ipotesi che il decreto ha voluto regolare per gli aspetti informativi, qualora il datore di lavoro utilizzi sistemi decisionali o di monitoraggio automatizzati che siano:

  1. finalizzati a realizzare un procedimento decisionale in grado di incidere sul rapporto di lavoro;
  2. incidenti sulla sorveglianza, la valutazione, le prestazioni e l’adempimento delle obbligazioni contrattuali dei lavoratori.

Con riferimento alla prima ipotesi, il Ministero specifica che per sistemi decisionali o di monitoraggio automatizzati si debbano intendere quegli strumenti che, attraverso l’attività di raccolta dati ed elaborazione degli stessi effettuata tramite algoritmo, intelligenza artificiale, ecc., siano in grado di generare decisioni automatizzate. Nell’ipotesi descritta, il Ministero afferma che l’obbligo dell’informativa sussiste anche nel caso di intervento umano meramente accessorio.

 

Pertanto, il decreto legislativo richiede che il datore di lavoro proceda all’informativa quando la disciplina della vita lavorativa del dipendente, o suoi particolari aspetti rilevanti, siano interamente rimessi all’attività decisionale di sistemi automatizzati. Ad esempio, l’obbligo dell’informativa sussiste nelle seguenti ipotesi:

  1. assunzione o conferimento dell’incarico tramite l’utilizzo di chatbots durante il colloquio, la profilazione automatizzata dei candidati, lo screening dei curricula, l’utilizzo di software per il riconoscimento emotivo e test psicoattitudinali, ecc.;
  2. gestione o cessazione del rapporto di lavoro con assegnazione o revoca automatizzata di compiti, mansioni o turni, definizione dell’orario di lavoro, analisi di produttività, determinazione della retribuzione, promozioni, etc., attraverso analisi statistiche, strumenti di data analytics o machine learning, rete neurali, deep-learning, ecc.

Non sarà, invece, necessario procedere all’informativa nel caso, ad esempio, di sistemi automatizzati deputati alla rilevazione delle presenze in ingresso e in uscita, cui non consegua un’attività interamente automatizzata finalizzata ad una decisione datoriale.

Con riferimento all’ipotesi di cui al punto b) riguardante «le indicazioni incidenti sulla sorveglianza, la valutazione, le prestazioni e l’adempimento delle obbligazioni contrattuali dei lavoratori» viene chiarito che il datore di lavoro ha l’obbligo di informare il lavoratore dell’utilizzo di tali sistemi automatizzati. A titolo di esempio il Ministero indica, quali sistemi automatizzati: tablet, dispositivi digitali e wearables, gps e geolocalizzatori, sistemi per il riconoscimento facciale, sistemi di rating e ranking, etc.

Lascia dubbi l’inclusione generica, nella suddetta elencazione, da parte del Ministero, di dispositivi quali tablet il cui utilizzo, nella pratica, non necessariamente è deputato a fornire indicazioni incidenti sulla sorveglianza, la valutazione, le prestazioni e l’adempimento delle obbligazioni contrattuali dei lavoratori, ma, al contrario rientra negli strumenti utilizzati dal lavoratore per rendere la propria prestazione lavorativa.

Inoltre il Ministero ritiene che l’obbligo informativo introdotto dal citato articolo 1-bis del d.lgs. n. 152/1997 trovi applicazione anche in relazione all’utilizzo di sistemi decisionali o di monitoraggio automatizzati integrati negli strumenti utilizzati dal lavoratore per rendere la prestazione lavorativa, allorquando presentino le caratteristiche tecniche e le funzioni descritte in precedenza.

 

Durata massima del periodo di prova

L’articolo 7 fissa la durata massima del periodo di prova a sei mesi, termine che può essere ridotto dai contratti collettivi, come definiti dall’articolo 51 del d.lgs. n. 81/2015.

Nel caso di contratto a tempo determinato, il periodo di prova è fissato proporzionalmente alla durata massima del contratto, entro i limiti previsti ex lege, e alle mansioni da svolgere in relazione alla natura dell’impiego.

Inoltre, in caso di rinnovo del contratto per lo svolgimento delle stesse mansioni, il rapporto di lavoro non può essere soggetto a un nuovo periodo di prova.

Il comma 3 stabilisce che il periodo di prova è prolungato in misura corrispondente alla durata dell’assenza, richiamando – a titolo meramente esemplificativo – la sopravvenienza di eventi quali malattia, infortunio, congedo di maternità/paternità obbligatori.

Rispetto a tale ultima previsione, il Ministero specifica che l’indicazione di tali assenze non ha carattere tassativo e dunque rientrano nel campo di applicazione del comma 3 tutti gli altri casi di assenza previsti dalla legge o dalla contrattazione collettiva, fra cui anche i congedi e i permessi di cui alla legge n. 104/1992 (cfr. Cass. n. 4573 del 22 marzo 2012 e Cass. n. 4347 del 4 marzo 2015), nonché malattia, infortunio, gravidanza, puerperio, permessi, sciopero, sospensione dell’attività da parte del datore di lavoro.

 

Cumulo di impieghi

L’articolo 8 vieta al datore di lavoro di impedire al lavoratore di svolgere in parallelo un altro rapporto di lavoro, se quest’ultimo ha luogo in orario al di fuori della programmazione dell’attività lavorativa concordata o di riservargli, per tale motivo, un trattamento meno favorevole.

Le uniche condizioni che consentono al datore di lavoro di «limitare o negare al lavoratore lo svolgimento di un altro e diverso rapporto di lavoro» sussistono allorché:

  1. a) vi sia un «pregiudizio per la salute e sicurezza, ivi compreso il rispetto della normativa in materia di durata dei riposi»;
  2. b) sia necessario «garantire l’integrità del servizio pubblico»;
  3. c) «la diversa e ulteriore attività sia in conflitto di interessi con la principale, pur non violando il dovere di fedeltà di cui all’articolo 2105 del codice civile».

Il Ministero specifica che tali condizioni hanno carattere tassativo e che la loro sussistenza deve essere verificata in modo oggettivo: le stesse devono, quindi, essere concretamente sussistenti e dimostrabili e non rimesse a mere valutazioni soggettive del datore di lavoro.

Nello specifico, con riferimento all’espressione «integrità del servizio pubblico», il Ministero specifica che essa è da intendersi limitata a quei servizi pubblici gestiti da enti o società cui non si applica la disciplina dei rapporti di lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche.

Per quanto riguarda il «conflitto di interessi» il Ministero ritiene che ricorra quando l’ulteriore attività lavorativa, pur non violando il dovere di fedeltà di cui all’articolo 2105 cod. civ., comporti, anche potenzialmente, interessi in contrasto con quelli del datore di lavoro.

Infine, il Ministero ritiene che spetti al lavoratore informare il datore di lavoro qualora ricorrano talune delle condizioni ostative al cumulo di impieghi.

 

Prevedibilità minima del lavoro

L’art. 9 riguarda i contratti in cui la durata dell’orario di lavoro e la sua collocazione temporale non sono predeterminati. In tali casi, il datore di lavoro o il committente (esclusivamente nell’ambito di contratti di co.co.co. ed etero-organizzati) può imporre al lavoratore di svolgere l’attività lavorativa solo se:

  1. a) il lavoro si svolge entro ore e giorni di riferimento predeterminati;
  2. b) il lavoratore è informato dal suo datore di lavoro o committente sull’incarico da eseguire con il ragionevole periodo di preavviso di cui al nuovo articolo 1, comma 1, lettera p) 3), del d.lgs. n. 152/1997.

Il considerando n. 32 della direttiva richiama espressamente l’esigenza che il periodo minimo di preavviso, inteso come il tempo che intercorre tra il momento in cui un lavoratore è informato in merito a un nuovo incarico di lavoro e il momento in cui inizia l’incarico, abbia una durata “ragionevole”. Tale periodo può variare in funzione delle esigenze del settore interessato, ferma restando la necessità di garantire in ogni caso l’adeguata protezione dei lavoratori.

 

Formazione obbligatoria 

L’articolo 11 prevede che la formazione obbligatoria sia garantita gratuitamente a tutti i lavoratori, sia considerata come orario di lavoro e, ove possibile, sia svolta durante lo stesso.

Il Ministero precisa che tale disposizione non si applica alla formazione professionale e alla formazione per ottenere o mantenere una qualifica professionale, salvo che il datore di lavoro non sia tenuto a fornirla per legge o in base al contratto individuale o collettivo.

 

Allegato: MLcir19-2022-decreto-trasparenza


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